Cratilo afferma che i nomi sono tali per natura,
cioè rispecchiano la realtà. Ermogene crede invece che i nomi siano arbitrari,
decisi dall’uso e dalla convenzione. Socrate confuta la tesi di Ermogene,
dicendo che i nomi non sono solo convenzioni ma anzi rappresentano un qualcosa
dell’oggetto a cui si riferiscono. Inoltre, poiché il nome è parte del
discorso, è chiaro che i nomi utilizzati nel discorso vero sono corretti,
quelli usati nel discorso falso non lo sono. Cratilo afferma che il nome è sempre
giusto e vero, poiché è della stessa natura delle cose che descrive. Per
Socrate non è possibile dire che il nome e la cosa a cui si riferiscono siano
la stessa cosa. Cratilo contesta ciò dicendo che se gli uomini conoscono e
apprendono la natura delle cose attraverso i nomi, cioè attraverso il
linguaggio, è evidente che non potrebbe esistere nessuna conoscenza se il
linguaggio non fosse corretto, cioè se i nomi non fossero della stessa natura
delle cose. Socrate sostiene allora che è probabile che il legislatore che per
primo adoperò i nomi non avesse sempre un’opinione giusta delle cose stesse.
Solo le cose possono non essere contraddette, mentre i nomi si prestano a
molteplici interpretazioni.
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