Il dialogo si sviluppa secondo un colloquio tra
il sofista Gorgia e una platea di uditori ai quali il retore ha sfidato a
porgli una domanda a cui non avrebbe saputo rispondere. La prima domanda fatta
a Gorgia è l’oggetto della retorica. Egli risponde che essa si occupa delle
cose più importanti e più grandi per l’uomo. Per Socrate tale risposta non è
esaustiva perché non specifica la natura dell’oggetto della retorica. Gorgia
insiste dicendo che essa ha per oggetto ciò che dà la libertà agli uomini,
essendo essa la capacità di convincere gli altri con le proprie parole.
L’oggetto della retorica è la persuasione e riguarda il giusto e l’ingiusto.
Per Socrate il retore non sa insegnare cosa è giusto e cosa non lo è, ma sa
solo persuadere. Per Gorgia la retorica è in grado di controllare tutte le
capacità umane. Socrate chiede a Gorgia da dove deriva la nozione di bene e di
male, di giusto e di ingiusto e se ciò di cui discorre gli è stato insegnato da
un maestro. Gorgia risponde che la sua capacità di retore gli deriva da un
maestro. Socrate ribatte che chi vuole essere retore deve sapere cos’è il
giusto e cosa l’ingiusto ma affermando ciò si entra in contraddizione con ciò
che ha detto Gorgia, cioè che un retore può usare male la propria arte e che la
colpa di ciò non deve essere imputata al maestro.
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