Edimburgo, 7 maggio 1711 – Edimburgo, 25 agosto 1776, Regno Unito
Con il “Trattato sulla natura umana” Davide Hume si propone di studiare l’uomo con il metodo sperimentale della Scienza newtoniana secondo l’ambito di esperienza già individuato da Locke. La ragione non può spiegare il sorgere di una serie di processi mentali che originano dalla Metafisica e nemmeno quelli originanti la costruzione della Scienza fisica newtoniana.
Per Hume non è la ragione la guida della vita ma l’abitudine, che fa sorgere nell’uomo l’istinto che fa credere nella realtà, anche in mancanza di prove razionali. L’analisi empirica della conoscenza umana approda alla percezione che è di due tipi: l’impressione e l’idea. L’idea è la copia di un’impressione precedente, da cui necessariamente deriva, e ciò è un limite per la nostra conoscenza.
Riguardo la tematica della Morale, Hume afferma che le percezioni morali non sono atti dell’intelletto, ma di un particolare senso o sentimento morale. Per il filosofo conoscere è giudicare, cioè mettere in rapporto più idee. Secondo Hume l’uomo fa affermazioni al di là dell’esperienza fondandosi sulla relazione di causa ed effetto. L’idea di relazione causa-effetto implica tre elementi: 1) che ci sia una contiguità spaziale; 2) che ci sia successione fra l’uno e l’altro elemento studiato; 3) che tale successione sia necessaria e quindi universale.
Dei tre elementi della relazione, l’esperienza presenta solo la contiguità e la successione. In tal modo Hume si dimostra contrario al principio di causalità in generale e contro la possibilità di rilevare empiricamente il rapporto causale in singoli casi.
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