John Locke

Wrington, 29 agosto 1632 - 28 ottobre 1704, High Laver, Regno Unito
 
Per Giovanni Locke fondamento unico ed insuperabile del sapere umano è l’esperienza, gettando così le basi per la filosofia empirista. Locke supera il modello matematico- deduttivo della teoria di Cartesio ed elabora uno strumento di pensiero più adeguato ad interpretare i procedimenti ed i risultati della Scienza moderna e ad orientare anche la politica e la religione. Alla sua teoria della ragione faranno riferimento gli Illuministi del ‘700. Il metodo con cui si devono esaminare i limiti e le possibilità cognitive della ragione è un “metodo semplice e storico”, cioè riguarda l’analisi delle idee o pensieri. Il problema critico dell’indagine delle idee si sviluppa in merito all’origine, alla certezza e all’estensione della conoscenza umana. Egli nega l’esistenza delle idee innate (come ad esempio l’idea di Dio o di infinito) e i princìpi speculativi o pratici innati, poiché ritiene che tutte le nostre idee provengono dall’esperienza. Non esistono quindi leggi di natura valide a priori per il campo politico o nel campo delle ricerche scientifiche. Locke così nega la possibilità per l’uomo di conoscere intellettivamente la natura razionale della realtà, che è la tesi del razionalismo di molti pensatori come Galilei, Cartesio e Hobbes. La ragione umana è da utilizzare in stretta connessione ai dati concreti dell’esperienza dell’uomo, rifiutando così ogni passiva acquiescenza alla tradizione e all’autorità.
Bibliografia: PERONE-FERRETTI-CIANCIO “STORIA DEL PENSIERO FILOSOFICO”
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