Sant’Anselmo considera la ragione come strumento chiarificatore della fede ma quest’ultima detiene il primato sulla ragione in quanto ad essa mostra cosa e come intendere (credo ut intelligam). Egli espone la sua concezione teologica nelle opere Monologion e Proslogion, dove è esposto l’argomento ontologico, cioè la dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio.
L’autore parte dalla concezione dell’ateo per cui Dio non esiste. Affermando ciò esso si rivela stolto in quanto si contraddice. Infatti non può negare che la parola Dio significhi “l’essere perfettissimo” né negare di poter concepire l’idea di un essere perfettissimo. Se nega l’esistenza dell’essere perfettissimo implicitamente afferma che l’essere perfettissimo, mancando di esistenza, non è affatto perfettissimo.
Questa argomentazione è stata confutata dal monaco Gaunilone che nel libro “Liber pro insipiente” obietta che se concepiamo l’idea di un’isola perfettissima dovremmo poi dichiararci certi della sua esistenza. Sant’Anselmo ribatte nel libro “Liber apologeticus” che Dio non è una “cosa” perfetta, come ad esempio un’isola che può esistere o non esistere, ma è la perfezione e la perfezione non sarebbe tale se non possedesse anche l’esistenza.
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