Il
musicista jazz Thelonious Monk si chiedeva, negli anni ’50, dove stesse
andando la musica jazz, se cioè stesse approdando all’Inferno. In
realtà tale forma musicale stava conoscendo una tortuosa strada di
espressione, che gettava l’oblio sul linguaggio scarno ma chiaro del
gospel e del blues, per superare la ricchezza delle sonorità di Duke
Ellington, fino ad arrivare alle trasgressioni del Be Bop. Tale
affermazione è premonitrice della ‘decadenza’ atonale del free-jazz
ed è l’emblema di ciò che ha conosciuto l’arte del ‘900, nelle sue
più diverse espressioni, proponendo una rappresentazione ed una
comunicazione del bello come mai era accaduta prima. Se prendiamo in
considerazione la musica classica, tale forma artistica conosceva con
Stravinsky e poi con Berio uno stravolgimento come mai conosciuto prima,
rinnegando le placide armonie di Bach, la solarità sinfonica di Mozart, l’impeto
melodico di Beethoven. Se consideriamo il teatro, la catarsi della
tragedia greca, ben impostata su incontaminati ruoli di autore- regista-
attore, veniva sconvolta da "I personaggi in cerca di autore" di
Pirandello. La scultura, che con Fidia prima e , molto più tardi, con
Michelangelo, rappresentava il sublime con una ricchezza di particolari
mutuati dal reale, doveva cedere il passo, considerando la gemella arte
pittorica, alla ricerca spasmodica di nuovi spazi del surrealista Dalì,
fino alla completa disgregazione del colore e di ciò che lo contiene
nelle opere di Kandisky e Picasso. La poesia composta e dolcemente ritmata
di Virgilio lasciava le sue tracce nello Stil Novo di Dante ma veniva
gettata nella dissoluzione ritmica di Montale, dopo essere passata
attraverso le pregevoli ‘illuminazioni’ di Rimbaud. In definitiva c’è
da chiedersi se l’uomo contemporaneo abbia smarrito la concezione del
bello degli antichi padri e, ammesso che ce ne fosse una universalmente
riconosciuta, ne avesse trovata una nuova per comunicarla agli altri. A
mio giudizio il bello è la manifestazione concettuale-ideale dell’equilibrio
interiore di colui che si approccia in qualche modo alla realtà
esteriore. Per l’artista non è importante avere un medesimo sentimento
del bello e, d’altronde, non credo ciò sia possibile, quanto piuttosto
avere la capacità di comunicarlo al maggior numero di soggetti a lui
contemporanei e alle generazioni future che si approcciano alla sua arte.
Ciò non appare, a mio avviso, in gran parte dell’arte del ‘900,
gettattasi negli ‘Inferi’ dell’incomunicabilità e della crisi dei
valori basilari del vivere sociale. Tuttavia con ciò non voglio
colpevolizzare un secolo di manifestazioni artistiche, dal momento che
già riconosco nel secolo passato delle pregevoli opere. Se penso, e cito
due esempi per tutti, alla compostezza armonica del chitarrista brasiliano
Baden Powell ed alla saggezza multidisciplinare della pittrice-scultrice
Luciana Matalon, mi è facile pensare che già negli ultimi decenni si
possano trovare nuovi spunti per perpetuare la pregevole eredità
tramandataci dagli artisti attraverso i secoli: la godibilità della
bellezza del Creato.
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