NOTE BIOGRAFICHE
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Socrate
nacque ad Atene nei primi del 469 a.C. dallo scultore Sofronisco e dalla
levatrice Fenarete. Fu istruito nella musica, poesia e ginnastica, come si
addiceva alla piccola borghesia ateniese. Fu buon soldato, buon marito (si
sposò con Santippe dopo il 421 a.C.) e buon padre (ebbe 3 figli). Nella
campagna di Potidea (423-29) combatté valorosamente e durante la
battaglia salvò Alcibiade. In seguito nel 424 combatté a Delo e durante
la ritirata dell’esercito ateniese salvò Lachete. Fece parte della
pritania come membro del Consiglio dei Cinquecento quando Atene vinse la
battaglia navale delle Arginuse. Nel maggio del 399 Socrate fu accusato da
Meleto di non riconoscere come dèi quelli tradizionali della città, di
introdurre divinità nuove e di corrompere i giovani. Socrate perciò fu
condannato a morte, condanna che accettò, rifiutandosi di fuggire dal
carcere come gli era stato consigliato da Critone. Socrate morì bevendo
la cicuta.
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IL PENSIERO FILOSOFICO
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Socrate contrappone la disciplina della scienza filosofica a quella dei sofisti. Al
sofista infatti interessa l’uso della dialettica filosofica ai fini dell’affermazione
personale; Socrate invece la utilizza per approdare alla consapevolezza di sé
(il conosci te stesso). Per Socrate la virtù non può essere insegnata, come
ritengono i sofisti. Al contrario il “sapere di non sapere” mette in rilievo
i limiti dell’uomo, smascherando la pretesa sapienza dell’interlocutore
(ironia di Socrate). Ciononostante tale limitazione è punto di partenza per la
ricerca filosofica. Mediante essa Socrate aiuta l’interlocutore a trarre da
sé stesso quella verità che già possiede. Tale opera di individuazione della
virtù è detta “maieutica” e si esercita mediante il dialogo. Per Socrate
la virtù è scienza poiché è sapere di sé medesimi e conoscenza dei propri
limiti, cosa che induce l’uomo a dominare i propri istinti, agendo così in
modo virtuoso. Socrate afferma che il suo insegnamento è frutto dell’azione
di un demone che lo ispira nella ricerca della verità. La verità è il “sapere
veramente”, che è misura del bene e del male, di ciò che facciamo e
raggiungere la verità significa ottenere la “salvezza della vita”. Il
sapere può essere raggiunto solo a condizione che il suo contenuto si presenti
come determinazione universale e quindi come oggetto di pensiero. L’universale
non è qualcosa di sensibile ma è quell’attività diversa dai sensi che
chiamiamo pensiero. La verità è ciò che il pensiero coglie in ogni sensibile
e che si dice “concetto”. Il dialogo tra gli uomini è possibile intorno al
concetto delle cose e solo relativamente al concetto che può costituirsi tra
loro un accordo nella verità.
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BIOGRAFIA |
F.Adorno,T Gregory, V.Verra- Storia della Filosofia. Vol. 1°. Editori Laterza. U. e A.
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Perone, G. Ferretti, C.Ciancio – Storia del Pensiero >Filosofico. Vol 1° Editore S.E.I.
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